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E’ noto che il “cuore” – cioè la componente maggiormente distintiva del segno – dei marchi patronimici è generalmente ritenuto risiedere nel cognome e che l’aggiunta del prenome e/o di altre componenti (quali ad esempio parti emblematiche o figurative) non sia generalmente ritenuta sufficiente ad escludere la confondibilità tra i segni. 

Tale canone interpretativo subisce una significativa attenuazione nel settore vitivinicolo, caratterizzato dalla presenza di una moltitudine di imprese produttrici, spesso di assai piccole dimensioni e a condizione familiare, facenti capo a soggetti pressoché omonimi che commercializzano identici prodotti utilizzando i relativi cognomi come segni distintivi, anche in ambiti territoriali sovrapponibili o comunque prossimi. 

Sulla scorta di tali rilievi, gli interpreti, sia in sede di merito che di legittimità (e anche in sede amministrativa), sono giunti alla conclusione che, nel settore del vino, il patronimico può avere minor valenza distintiva e che l’inserimento del prenome e/o di altre componenti (ad esempio figurative), possa essere sufficiente a differenziare i segni al fine di escludere il rischio di confusione per il pubblico.

In questo senso, ad esempio, si è espressa la Corte di Appello di Torino (in caso di conflitto tra marchi patronimici identici) con sentenza n. 544/2010, confermata poi da Cassazione 4.2.2016 n. 2129. 

Nei medesimi termini si è pronunciata, successivamente, la Commissione dei Ricorsi UIBM (in relazione al conflitto tra marchi patronimici simili) con sentenza n. 53 del 10.10.2016,

Ad arricchire il quadro giunge ora un nuovo pronunciamento della Commissione dei Ricorsi (n. 25 del 28 febbraio 2022), nel contesto di un procedimento di opposizione avverso la domanda di registrazione del marchio complesso “Saverio Vacca” (+fig.), cui si sono opposti i titolari di alcuni marchi patonomici anteriori “VACCA”, registrati, inter alia, per contraddistinguere vini.

In questo caso la Commissione dei Ricorsi ha riformato la decisione della divisione di opposizione e rifiutato la registrazione del marchio complesso Saverio Vacca (+fig) per i prodotti di cui alla classe 31 e 33. 

La pronuncia della Commissione dei Ricorsi, come essa stessa si premura di precisare, non sembra tuttavia in contraddizione con i principi ermeneutici sopra richiamati in tema di marchi patronimici nel settore vinicolo. Nel caso di specie, infatti, l’opponente ha invocato e provato che i marchi anteriori non godevano solo della forza distintiva intrinseca propria dei marchi patronimici (per giunta identici), ma avevano anche acquisito una particolare, e aggiuntiva, forza distintiva, per effetto dell’ampio utilizzo e accreditamento presso il pubblico. 

Nel motivare il proprio convincimento, la Commissione dei ricorsi rammenta come la pronuncia n.2129/2016 della Suprema Corte non abbia affermato alcun principio di diritto, ma semplicemente ritenuto incensurabile la motivazione adottata, in concreto, dalla Corte di Appello di Torino, rilevando ulteriormente come, anche ove avesse affermato il principio di diritto invocato dal richiedente (ovverosia che “l’uso di un marchio contrassegnato da identico cognome, accompagnato da diverso nome di battesimo e dalla raffigurazione delle colline langarole, non è sufficiente a integrare contraffazione del marchio anteriore con identico cognome”), tale principio sarebbe applicabile al giudizio contraffazione e non alla valutazione degli impedimenti (relativi) alla registrazione.

D’altro canto, la Commissione non rinnega di aver in precedenza affermato che le peculiarità del settore vitivinicolo pongono problemi di differenziazione sul mercato locale e nazionale, ma segnala che, anche in tale contesto, una limitata differenziazione tra i segni (aggiunta del prenome e di un elemento figurativo) non è sufficiente “in tutti quei casi in cui, come nella specie, al cognome (come segno distintivo forte) si sia riscontrato un valore ulteriore, come dimostrato da specifiche allegazioni e prove, relative alla diffusione del segno nel mercato e nella percezione che del patronimico abbiano i consumatori”.

In altre parole, in caso di conflitto tra marchi patronimici identici, se il marchio anteriore è costituito solo dal patronimico ed è provato il rafforzamento della sua forza distintiva per effetto dell’uso, l’aggiunta del prenome (e/o di componenti figurative) non è sufficiente a escludere il rischio di confusione per il pubblico, quantomeno nel contesto della prognosi astratta che caratterizza il giudizio di opposizione.

 

Filippo Canu


categoria:Marchi e domain names