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La Corte di Giustizia era stata lapidaria quando, nel 2010, aveva ritenuto che la forma del famoso mattoncino “LEGO” non potesse essere validamente registrata come marchio in quanto forma “necessaria per ottenere un risultato tecnico” (divieto previsto dall’art. 7 (1)(e)(ii), Reg. CE n. 207/2009). Il ragionamento, in quell’occasione, fu molto semplice: le 8 sporgenze di forma cilindrica presenti sulla superficie del mattoncino giocattolo erano preposte ad assicurare l’incastro dei mattoncini tra loro e, dunque, incorporavano un’innegabile funzione tecnica: un divertimento che non conosce età e che alla Corte era parso inopportuno garantire a pochi con il monopolio di una privativa. La tendenza della giurisprudenza comunitaria a restringere la portata della tutela dei marchi di forma ha, negli ultimi tempi, fatto segnare un’apprezzabile inversione, soprattutto per quanto riguarda un attenuato rigore nell’interpretazione (e nell’applicazione) degli impedimenti assoluti alla registrazione (ne sia d’esempio la sentenza “STOKKE” segnalata nella nostra precedente Newsletter). Questa apertura si è recentemente arricchita di un altro interessante intervento. Con sentenza del 25 novembre 2014 (causa T-450/09), il Tribunale CE si è pronunciato sulla validità del marchio di forma (depositato per contraddistinguere “three-dimensional puzzles” nella classe 28) raffigurante il noto cubo di “Rubrik”: un cubo caratterizzato da facce dotate di una struttura a “griglia” formata da 9 riquadri separati da linee di colore nero. In buona sostanza, ci si domandava se le linee nere raffigurate nel marchio (che avrebbero potuto rappresentare gli spazi ricavati tra le singole sezioni rotanti del cubo) incorporassero una funzione tecnica. Fossero necessarie, in altri termini, ad assicurare la rotazione delle sezioni del cubo e, per ciò stesso, ricadessero nel divieto assoluto alla registrazione previsto dal citato art. 7 (1)(e)(ii) Reg. CE n. 207/2009. Il Tribunale conclude per la validità del marchio sulla scorta di molteplici argomenti. Uno tra tutti (sufficiente a giustificare l’intera decisione) merita particolare attenzione: secondo il Tribunale, infatti, il divieto normativo alla registrazione di una forma “necessaria per ottenere un risultato tecnico” riguarda unicamente “le forme tecnicamente funzionali, e sufficienti, al raggiungimento di un risultato tecnico”. In altri termini, le forme che, in se stesse, svolgono una funzione e non le forme che sono il risultato di una funzione: in poche parole, per il Tribunale le linee scure (i possibili spazi) che separano le sezioni del cubo non sono preposte, in sé considerate, ad azionare la rotazione delle sezioni del cubo (che si ottiene invece grazie ad un meccanismo interno alla struttura del cubo) ma rappresentano solo un possibile (non l’unico, precisa per inciso il Tribunale) aspetto strutturale del prodotto dato dal fatto che le sezioni ruotano. Al di là delle perplessità che il ragionamento può generare, la portata pratica del principio espresso nella sentenza è molto rilevante perché potrebbe lasciar presagire che la forma di un prodotto imposta, ad esempio, dall’adozione di un determinato processo di fabbricazione del prodotto medesimo non sia esclusa dalla registrazione. E ciò in quanto una forma siffatta rappresenterebbe la conseguenza dello svolgimento di una funzione e non una forma preposta a svolgere una funzione (a garantire un’utilità al consumatore finale del prodotto). Così ragionando, si arriverebbe dunque a dover ammettere che un particolare metodo di fabbricazione di un prodotto possa essere indirettamente protetto con una registrazione di marchio. Sarà interessante vendere se la Corte di Giustizia darà seguito ad un principio di questa portata o se invece si affretterà a correggerne il tiro. Avv. Massimiliano De Santis


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