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A seguito della nota sentenza della Corte di Giustizia europea sul diritto all’oblio (C-131/12 del 13.05.2014), Google é tenuta a dare un riscontro alle richieste di deindicizzazione che pervengono sempre più numerose dagli utenti; questi ultimi, in caso di riscontro negativo da parte di Google, possono rivolgersi all’autorità giudiziaria o al Garante privacy.

Sono alcune decine le segnalazioni degli utenti giunte finora al Garante, che – di recente – ha definito nove casi, emettendo i suoi primi provvedimenti sull’argomento.

Ebbene, soltanto in due casi, il Garante ha accolto la richiesta degli utenti, prescrivendo di conseguenza a Google di deindicizzare i risultati di ricerca segnalati; nel primo caso, perché i documenti indicati dalla segnalante contenevano numerosi dati personali eccedenti e relativi perfino a persone estranee alla vicenda (v. doc. web n. 3623877 su www.gpdp.it); nel secondo caso, perché il commento contenuto nel link oggetto di reclamo riguardava dati personali relativi ad abitudini sessuali e la sua diffusione era idonea a ledere la sfera privata del reclamante (v. doc. web n. 3623978 su www.gpdp.it).

Negli altri sette casi, invece, il Garante ha respinto la richiesta degli utenti e ritenuto giustificato il diniego già opposto da Google, considerato che le notizie pubblicate risultavano essere di pubblico interesse e attinenti a fatti recenti (v. docc. web nn. 3623819, 3623851, 3623897, 3623919, 3623954, 3624003 e 3624021 su www.gpdp.it).

Sembra quindi che per molti il diritto all’oblio sia ancora una lontana chimera.

Avv. Luciana Porcelli


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