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Il Tribunale di Milano, con sentenza del 21 gennaio 2015, ha ritenuto illecito lo sfruttamento non autorizzato dell’immagine della nota attrice Audrey Hepburn comparsa su una inserzione pubblicitaria diffusa da un’azienda di prodotti tessili per la casa.

E’ noto che il ritratto di una persona, salvo che in determinate circostanze e per finalità circoscritte, non può essere pubblicato o esposto senza il consenso dell’interessato. Ma nel caso affrontato dal Tribunale di Milano l’immagine che compariva nella pubblicità non era quella di Audrey Hepburn, e neanche quella di una  sosia dell’attrice. Si trattava della fotografia di una modella intenta ad osservare la vetrina di una gioielleria e ritratta parzialmente di spalle, quindi senza che i tratti somatici fossero chiaramente individuabili. La modella portava la stessa particolare acconciatura, l’abito nero, i lunghi guanti neri, i gioielli e gli occhiali scuriche avevano caratterizzato il personaggio interpretato da Audrey Hepburn nel celebre filmColazione da Tiffany. Ed è stato a causa di questi elementi evocativi, estranei al ritratto della Hepburn ma idonei, secondo il Tribunale, a richiamare inequivocabilmente alla mente l’attrice, che la pubblicità è stata giudicata uno sfruttamento non autorizzato della sua immagine.

Ad oggi esiste un solo precedente giurisprudenziale con cui una corte italiana ha affrontato, esattamente come il Tribunale di Milano, il caso dello sfruttamento dell’immagine altrui  attuato senza la riproduzione dei tratti somatici della persona, nemmeno tramite un sosia o attraverso tratti stilizzati o caricaturali. Si tratta della decisione della Pretura di Roma 18.4.1984, che ha giudicato lesiva del diritto d’immagine del cantante Lucio Dalla una campagna pubblicitaria caratterizzata dalla riproduzione fedele dello zucchetto di lana e degli occhialini a binocolo che l’artista indossava abitualmente e che, combinati tra loro, ne evocavano la personalità. In casi simili ci si chiede se oggetto della tutela sia veramente il diritto all’immagine, come diritto della personalità sancito dagli artt.10 cod. civ. e 96 Legge Autore in relazione al ritratto dell’individuo, o piuttosto la notorietà personale come bene economico, che tuttavia nel nostro ordinamento non è un diritto autonomo previsto e disciplinato da alcun precetto di legge.

Avv. Pierluigi Cottafavi


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